Che cosa rende difficile l’applicazione della PSD2?
Prima di tutto, il fatto che il mondo del credito tradizionale – proprio perché ancorato a un modello ormai consolidato – fatica ad adeguarsi alle nuove normative e a essere compliant.
Per questo motivo, anche il via libera all’accesso per le terze parti dei conti correnti dei clienti diventa particolarmente complesso. Non deve necessariamente esserci dolo, ma semplicemente la non piena considerazione di quale deve essere l’iter corretto per essere aderenti alle normative europee in materia.
PSD2 e Open Banking in Italia
Secondo Yapily, l'Italia ha una supervisione molto bassa degli standard di Open Banking e una risposta normativa molto lenta. È stata adottata la PSD2, tuttavia non sono state apportate modifiche o aggiunte alla legislazione originale sull'Open Banking.
L'Italia utilizza lo standard dei gruppi di Berlino. Sulla base dei requisiti della PSD2 e degli standard tecnici di regolamentazione dell'Autorità bancaria europea, il gruppo di Berlino NextGenPSD2 ha lavorato su un dettagliato "Accesso al conto (XS2A) Open Banking Framework" con modello di dati (a livello di dati concettuale, logico e fisico) e messaggistica associata.
Ma l'implementazione generale dei pagamenti (al di fuori dei singoli pagamenti nazionali) è molto scarsa. L'Italia ha bisogno di un approccio normativo più rapido e agile per far decollare l'Open Banking.
Il problema è che quasi la metà delle banche non dà piena visibilità dei dati, ovvero il semplice accesso a 12 mesi di flussi di conto corrente – per favorire il credito alle PMI – come avviene nel resto della UE con la direttiva PSD2. E questo per problemi tecnici, per difficile accessibilità al cliente oppure forse anche per scelta.
Purtroppo bisogna segnalare qualche piccola “furberia” che ancora viene applicata: invece che garantire uno storico di 12 mesi lo si fa solo di poche settimane, vanificando qualsiasi utilizzo possibile della PSD2.
A poco meno di due anni dall’introduzione della direttiva europea sui pagamenti il sistema è ancora molto eterogeneo. Dunque, alcuni spingono forte sulla leva dell’open banking, altri invece – soprattutto tra le banche tradizionali di medie dimensioni – cerca di fare un po’ di resistenza.
Un vero peccato perché il 90% dei clienti è aperto all’uso della PSD2 e sarebbe lieto di usare nuove forme di servizi per il credito. Ma la cosa si scontra in Italia con le situazioni di mancata compliance, che sono molto più numerose che nel resto della Unione Europea.
Tempi lunghi per trasformare il sistema
Eppure, ci sono già le condizioni per un incremento della portata della condivisione dei dati. Prova ne sia che la spesa in tecnologie fintech, secondo l’analisi i Bankitalia per il biennio 2021-2022 ammonterà complessivamente a 530 milioni, in aumento rispetto ai 456 dei due anni precedenti.
Secondo una ricerca condotta da Tink a livello europeo, il 71% dei banchieri è ottimista sulla trasformazione ormai in atto. Sebbene la positività sia elevata, i dirigenti sembrano però prepararsi a un lungo viaggio di trasformazione e si aspettano che ci vorranno molti anni per completare l'implementazione.
Quattro su dieci (40%) ritengono che la loro attività impiegherà dai cinque ai dieci anni per realizzare i propri obiettivi di open banking e un ulteriore 37% ritiene che potrebbe volerci più di un decennio.
Questi tempi cauti riflettono la dimensione del compito da svolgere, con molte organizzazioni che intraprendono progetti di trasformazione dell'open banking complessi e su larga scala che richiederanno diversi anni per essere realizzati.
Tra gli intervistati, i dirigenti in Spagna (37%), Italia (34%) e Francia (32%) sono stati i più ottimisti, prevedendo che gli obiettivi delle loro istituzioni possono essere completati in meno di cinque anni.
Ciò potrebbe indicare un ambito più limitato per le strategie bancarie aperte in questi mercati, concentrandosi sulla conformità o su casi d'uso a breve termine piuttosto che su progetti di trasformazione più ampi.